Nella vita quotidiana, una parte significativa del nostro tempo (e conseguentemente dei nostri potenziali problemi) viene trascorsa (in qualità di pedoni, ciclisti, automobilisti o motociclisti) sulle strade pubbliche.
Assai frequenti sono gli incidenti che si verificano, legati sia allo scontro fra i veicoli, sia allo stato (non sempre adeguato) del manto stradale, sia infine alla presenza sulle strade di animali, domestici o selvatici.
A) Con riferimento alla seconda problematica (stato del manto stradale), il punto focale per il danneggiato (dopo avere individuato l’Ente proprietario, e conseguentemente responsabile, della strada), è quello di fornire la prova dello stato (asseritamente pericoloso) della sede stradale che è stato la causa del danno da lui patito.
Con una recente decisione (ordinanza n. 11096 del 10/06/2020) la Corte di Cassazione ha chiarito che si applica in merito la disciplina di cui all’art. 2051 c.c., in luogo di quella più generica dell’art. 2043 c.c.
La differenza assume notevole rilevanza in tema di onere probatorio: configurando l’art. 2051 c.c. una responsabilità aggravata presunta a carico dell’Ente proprietario, il danneggiato può limitarsi a fornire la prova del proprio danno (e, ovviamente, del fatto che lo stesso sia compatibile e si sia verificato nelle circostanze di tempo e di luogo da lui indicate), che in tal modo si presume causato da vizi del manto stradale, restando a carico dell’Ente la prova liberatoria sul fatto che lo stesso non sia stato causato da sue anomalie.
In semplici parole, viene evitata al danneggiato la prova solitamente più difficile, ovvero quella dell’esatto stato della strada al momento del sinistro e del preciso nesso causale fra detto stato ed il danno patito.
B) Sotto il secondo aspetto (presenza di animali sulla sede stradale), escludendo che si tratti di animali “domestici” (nel qual caso ne risponderà il proprietario privato ai sensi dell’art. 2052 c.c.), la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7969 del 20/04/2020, mutando il proprio decennale orientamento, ha ora ritenuto, in applicazione del medesimo art. 2052 c.c. che l’Ente responsabile, in quanto proprietario degli animali selvatici appartenenti alle specie protette e rientranti, ai sensi della L. n. 157 del 1992, nel patrimonio indisponibile dello Stato (meglio definiti “le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale”, con le eccezioni specificate (talpe, ratti, topi propriamente detti, nutrie, arvicole)), è la Regione di competenza, e non la ex Provincia (ora Città Metropolitana), la quale potrà poi eventualmente rivalersi (anche chiamandoli in causa nel giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli altri Enti ai quali sarebbe spettato di porre in essere in concreto le misure che avrebbero dovuto impedire il danno, in quanto a tanto delegati, ovvero trattandosi di competenze di loro diretta titolarità.
